"Dottoressa, può fare un incontro con i futuri papà per spiegare quali avvisaglie osservare per riconoscere una depressione post partum?“
"Certo. Posso chiederti come mai questa richiesta?“
Ero seduta su una poltrona bianca con una pancia da 35esima settimana e ricordo di aver fatto un respiro profondo: “Ho avuto una reazione depressiva a 21 anni durante il tirocinio in un presidio psichiatrico con successivi attacchi di panico. In famiglia ho molti parenti che soffrono di depressione e ansia e preferisco prevenire".
"Ti spaventa la depressione post-partum?“
"Non proprio. Mi fa male il ricordo di come si sta in quel tunnel in cui il giorno e la notte sembrano infiniti, non si ha voglia di nulla e alzarsi dal letto è una tortura. Sapere che chi mi sta vicino sarà in grado di riconoscere i segnali d'allarme mi dà sicurezza perché ci si scivola dentro spesso senza accorgersene".
All'incontro con i papà erano piovute domande. Com'è possibile che la nascita di un figlio, evento meraviglioso, crei tanto dolore?
Gli eventi della vita, belli o brutti che siano, talvolta ci travolgono e pensieri ed emozioni non sempre reggono l'impatto del cambiamento. Ti trovi in un frullatore e ne esci shackerato e impastato senza punti di riferimento se non il buio, o il vuoto, che hai dentro.
Quando mi alzavo la mattina e dovevo prendere il treno, poi l'autobus e il giorno dopo dovevo andare in reparto avevo la sensazione di avere nel petto un grumo di disperazione grande quanto un chicco di caffè pronto a deflagrare.
Trattenevo fino al punto in cui scoppiavo a piangere e continuavo per ore senza (apparente) motivo.
Non sapevo ancora di essere iper sensibile alle emozioni altrui (empatica in senso sottile) e in reparto mi sentivo impotente e inutile di fronte alla malattia mentale degli utenti e di come venivano trattati.
Pensavo, erroneamente, che il disturbo mentale fosse sentire le voci, avere allucinazioni, attacchi di rabbia pericolosi per sé e gli altri e altre cose così. Ignoravo altri disturbi meno evidenti e più silenziosi come i disordini alimentari, per citarne solo uno.
Sono crollata come un castello di carte e quell'esperienza ha segnato uno dei tanti "prima e dopo" della mia vita.
La salute mentale è un tema ricorrente nella mia famiglia: esaurimenti, ansia generalizzata, depressioni, dipendenze e altri disturbi importanti sono situazioni che ho visto e ogni volta mi ripeto che se ci prendessimo cura di noi e del nostro benessere dai primi segnali molte situazioni si potrebbero prevenire prima che diventino malattie. Non tutte, probabilmente, ma molte sì.
Oggi svolgo una professione di aiuto alla persona e le varie tecniche olistiche (energetiche, vibrazionali, alternative o complementari, chiamale come preferisci) mi permettono di lavorare sul benessere di corpo, mente e spirito facendo prevenzione.
Quando le persone vengono da me ai primi segnali di disagio iniziamo un percorso che le aiuta a ritrovare il punto di equilibrio, la forza interiore, aumenta l'austima e la stabilità interiore.
Altre volte però, arrivano con una situazione talmente ingarbugliata, che speravano di risolvere da soli, che diventa necessario inviarli a un terapeuta perché non ho gli strumenti e le competenze per fornire quel tipo di aiuto che è di pertinenza clinica.
Voglio lavorare con le persone per aiutarle a star bene e ritrovare il sorriso, guardare la propria vita con una prospettiva nuova prima che si ammalino. La crescita personale e spirituale sono due aspetti diversi dell'esisteza e pensare di sviluppare doti extrasensoriali quando non si sta bene nella propria pelle, diventa secondario. Imparare a canalizzare o a prevedere il futuro non ti farà stare meglio, anzi. Se non ci sono basi solide si parte male.
Voglio occuparmi delle persone non delle malattie.
Ne ho parlato in questo post a proposito della seconda laurea.
La prevenzione del disagio mentale e la promozione del benessere corpo, mente, emozioni e spirito dovrebbero avere più importanza in una società in cui il livello di stress e le condizioni socio-economico-culturali sono imbarazzanti. L'emergenza sanitaria, e aggiungo familiare, ha accentuato ulteriormente situazioni di disagio emotivo, preoccupazioni e ansia che prima erano in equilibrio precario.
Se le persone avessero meno pudore o vergogna del proprio disagio si potrebbe lavorare moltissimo sulla prevenzione;
se la politica sociale si muovesse per accogliere e ascoltare questo disagio, prima che diventi malattia, vivremo in un paese con persone più centrate e consapevoli anche rispetto a come gestire i momenti no.
Dopo tutto sto predicozzo vediamo alcuni segnali da monitorare:
- cambiamento dell’umore (morale a terra, gioia eccessiva, nervosità, irritabilità, angoscia)
- disturbi del sonno (difficoltà a dormire o ad alzarsi la mattina)
- perdita dell’appetito
- mancanza di motivazione
- allontanamento dal proprio entourage e chiusura in se stessi
- avere le idee confuse
- non fidarsi più dei propri familiari e amici
- avere pensieri che altri fanno fatica a capire
- sentirsi presi di mira da ciò che viene detto o che accade intorno
- sentirsi male nella propria pelle e avere brutti pensieri
- avere paura di perdere il controllo sul consumo di alcol, droghe o medicine
- avere semplicemente la sensazione di non essere più come prima.
Ricordati che la prima persona che può fare prevenzione sei proprio tu. Intervenire subito fa sì che i sintomi non diventino stabili ed è molto più facile uscirne. Quando ti senti male o hai situazioni emotive che non ti danno serenità, chiedi aiuto, parlane con un consulente, un professionista del benessere e se ti rendi conto che la situazione persiste da settimane o mesi e ha cambiato in modo significativo la tua vita rivolgiti direttamente a un terapeuta.
La psicologia positiva e i social hanno fatto un po' di danni in questo senso perché hanno fatto credere che se non sei sempre al top, sempre felice, carica, motivata e di successo non vai bene.
Non è così. La vita è ciclica e riconoscere e accogliere ogni fase fa parte del viaggio e delle competenze che puoi sviluppare perché avere giorni tristi, in cui sei stanca o demotivata è normale. Essere SEMPRE triste, stanca o demotivata invece, è una richiesta che va ascoltata e accolta.
Puoi permetterti di accogliere le emozioni e guardarle in faccia prima che diventino così grandi da farti paura.
Capire in quale fase sei del tuo star male e osservare chi ti sta attorno può fare la differenza.
Lascia un commento