Lo so, non sto anticipando nulla di come sarà il sito nuovo ma l'obiettivo è raccontarti il processo più che svelare i dettagli.
Quella che stai per leggere credo sia stata la fase più difficile e delicata del percorso e la più comune perché tutti, chi più chi meno, almeno una volta nella vita non ci siamo sentite abbastanza (qualcosa).
Devi sapere che da giovane avrei voluto fare molte, moltissime cose. Alcuni desideri duravano qualche ciclo lunare altri tornavano ogni anno, nella stessa stagione. Settembre era il tempo di "Prendo la seconda laurea in psicologia", gennaio "Voglio imparare lo spagnolo", marzo "Vorrei diventare insegnante di yoga", dicembre "Sarebbe bello avere una figlia femmina". L'ultima me la sono giocata quattro anni fa. Secondo tentativo, maschio. Va bene così, la mia stagione è passata.
Gli altri tre invece, se la sono giocata di brutto in questi mesi.
Le etichette mi stanno strette perché faccio tante cose ma in sintesi oggi sono felice di definirmi una pedagogista che ha integrato le tecniche complementari in modo sinergico ed efficace. Ma arrivarci non è stata una passeggiata.
La definizione levatrice spirituale ha fatto il suo tempo e ringrazio questo job title perché ha destato curiosità, sorrisi, talvolta invidia. Era arrivato il momento in cui dovevo trovare delle parole nuove che definissero chi sono e cosa facccio.
In genere si usa la categoria professionale (es. pedagogista, psicologo, artista, operatore olistico, avvocata, chef, informatico, segretaria, coach ecc) ma la tendenza di questi anni è di specificare ancora meglio per arrivare il più possibile alle persone con cui vogliamo lavorare. I termini della nostra lingua non sono molto allineati a quello che faccio.
Durante questa ricerca una sera recuperai un libro sulla legge di attrazione per rileggere una pezzo e notai in un esercizio con degli appunti a matita. Non dovetti cercare a lungo perché la mia definizione era lì tra le pagine di un libro già da anni.
Quando prima del Covid spiegai a Paola Toini il mio desiderio di riprendere a fare corsi e formazione in ambito olistico mi disse che il job title che avevo per le mani era giusto per me. Io avevo la sensazione che non mi aderisse totalmente ma avevo scelto di affidarmi a una consulente proprio per questo.
"Non sei abbastanza"
Un giorno a seguito di un colloquio mi venne fatto presente che muovendomi in ambito olistico dovevo fare attenzione all'esercizio abusivo della professione medica. Credo sia l'osservazione che muovono a tutti gli operatori olistici, naturopati, counselor, coach. Uscii dall'incontro arrabbiata e delusa perché conosco bene la deontologia e so quando fermarmi e passare la palla ad altri.
Il pomeriggio seguente chiamai la mia università per prendere informazioni sulla seconda laurea in psicologia e richiedere il mio piano di studi.
Cercai gli atenei online e avvisai un paio di amiche fidate. Fortunatamente una ebbe il buon senso di dirmi: "Se vuoi fare una cazzata io ci sarò e ti appoggerò. Le amiche servono a questo". L'altra, che covava con me gli stessi desideri, mi ricordò che non era il momento per investire in una formazione che non sarebbe bastata e avrebbe richiesto la specialistica, l'esame di stato e via dicendo.
Se sulla carta mi mancavano una manciata di esami sarebbe servito un miracolo per vederseli riconoscere tutti, comprese le psicologie e non avevo voglia di una formazione lunga, costosa che avrebbe tolto molto alla famiglia.
E io non ho più 20 anni.
Al "Non sono abbastanza" che mi rimbombava in testa dopo quella conversazione si univano il disagio e l'inadeguatezza nel pensare alla seconda laurea. Non mi stavo muovendo verso qualcosa ma mi muovevo contro quel vuoto che andava riempito.
Conosci il tuo "perché"?
Ho scelto di aiutare gli altri a 19 anni e avevo la sensazione di dover ritrovare la mia motivazione. Una delle cose che mi impegno a fare con le clienti è farle sentire adeguate, farle sentire abbastanza e ridurre i giudizi che emettono su se stesse e io in quel momento mi sentivo difettosa perché mi mancava un pezzo di carta e mi sentivo a disagio anche a pensare di seguire una formazione per averlo.
Durante questa tempesta, proprio mentre cercavo info e contattavo costose università online, mia madre mi chiamò dicendo che secondo il medico aveva preso il Covid (senza aver fatto alcun tampone).
Fermi tutti.
Lei ha già una situazione di salute precaria ma in quel momento capii e ritrovai il mio perché.
Avevo scelto di lavorare con la persona nella sua interezza, in modo pedagogico, olistico e spirituale ma non volevo, e non voglio, lavorare sulla patologia.
Vivo già abbastanza situazioni patologiche nella mia vita privata (te le risparmio) che avrei la situazione di continuità tra privato e professione, non staccherei mai.
È lo stesso motivo per il quale ho scelto di fare homeschooling e come pedagogista non lavoro con i bambini o i minori, ma sono felice di supportare e accompagnare i genitori nelle criticità educative.
Avevo dimenticato che il mio perché era aiutare le persone ad
affrontare le criticità fisiologiche della vita nelle sue fasi.
Mi sono persa nella sensazione di non essere abbastanza e mi ero ritrovata in un paio di giorni.
Finalmente tornavo a respirare.
Nel fine settimana divorai due libri di pedagogia che mi aiutarono a ricordare. Fu un'immersione pazzesca nei manuali in cui mi sentivo a casa leggendo di colloquio pedagogico, setting, deontologia, etica, relazioni, comunicazione, conflitti e fu necessario per rimettere a posto, almeno interiormente, la pergamena gialla che non era più solo un pezzo di carta e mi ricordava che tutto il resto era, in un certo senso, al suo servizio.
Capii anche un'altra cosa: la mia formazione olistica puntava dritta all'autorealizzazione e alla spiritualità che sono il vertice della piramide dei bisogni (creata da Maslow) e sapere di poter aiutare le persone dalla base al vertice, che molti ignorano, mi faceva sentire al mio posto.
Non è vero che non sei abbastanza.
Sono le etichette con cui ti definisci a non essere abbastanza esaustive,
ampie, inclusive e complesse per descriverti.
Per questo hai un nome e un cognome che
racconta chi sei e custodisce tutta la tua storia.
Ce la posso fare
Finalmente potevo archiviare la pratica seconda laurea e godere del mare calmo, navigare a vista. Il bel tempo però durò fino a quando, non ricordo come, scoprii di avere la possibilità di realizzare l'altro sogno che covavo da quando avevo 19 anni. Non me l'ero mai concessa perché facevo i conti con il mio fisico e i 4 o 5 colpi di frusta, l'età, una famiglia e i costi e le modalità delle formazioni. Avevo la possibilità di buttarmi solo che il corso era in inglese e noi avevamo l'esame da homeschooler da preparare ma la Yoga Alliance a causa del Covid 19 per la prima volta equiparava le formazioni online a quelle in presenza con i dovuti accorgimenti (un sacco di test, esami e verifiche).
Non mi muoveva la mancanza ma era qualcosa che volevo fare per me, come mio percorso di ricerca personale e di approfondimento. Era la mia occasione. Dany si sarebbe occupato molto di più dei bimbi (e spesso anche dei pasti) per permettermi di riorganizzare il lavoro e lo studio. Ho eliminato ciò che non serviva, ridato valore al mio tempo.
La mattina mi alzavo alle 7, studiavo e facevo pratica fino alle 9 poi colazione e attività dei bimbi. Le consulenze erano sempre il pomeriggio e seguiva la stesura delle schede. Prima di dormire mi dedicavo alla pratica serale e allo studio. Avevo solo due mesi di tempo per finire il corso e non sapevo se il mio corpo avrebbe tenuto botta o se mi avrebbe mollato due giorni dopo ricordandomi l'età, gli incidenti ecc.
Per fortuna pochi giorni dopo l'iscrizione allungarono i termini. Lo presi come un segno. E anche l'amica, quella che aveva i miei stessi sogni, si iscrisse con me.
Nonostante la proroga non rallentai e il 15 giugno consegnai tutte le prove d'esame. Dopo questa formazione principale avevo altri due corsi di specializzazione da fare e l'insegnante, per farsi perdonare dell'attesa dei risultati d'esame, mi regalò un'altra specializzazione.
Ho voluto leggere come un segno che ero sulla strada giusta anche se avevo aspettato 24 anni, 2 figli, 4-5 tamponamenti e vari autosabotaggi per diventare insegnante di yoga 200 RYT.
Ho tenuto nascosta la formazione perché era una cosa che volevo fare per me, volevo godermi il viaggio e vivere la pratica in modo sacro e intimo. Avevo timore di non farcela, di non essere abbastanza costante, di non avere la dimestichezza necessaria per studiare anatomia e tutto il resto in inglese.
Ho scoperto che lo yoga, come la pedagogia, è olistico e può essere molto inclusivo. Le immagini che vedevo sui social, le foto di allineamenti e posizioni perfette e le mie convinzioni hanno fatto sì che lo considerassi inadatto a me, o meglio che io non fossi adatta a diventare insegnante.
Ho scoperto un approccio allo yoga che accoglie ogni tipo di corpo, aiuta e supporta nella pratica. Le persone che hanno fatto lezioni individuale con me (al momento è la cosa che trovo più allineata al mio approccio) dicono che sembra che lo faccia da tutta la vita. Forse non da questa... 😉
Finalmente quell'ultima parolina che era stata inserita nel job title solo per la formazione ora era densa di significato e ricca di lacrime di gioia e mantra cantati.
Con lo yoga si diventa insegnanti ma si è sempre studenti. Dopo questo primo corso e le tre specializzazioni (restorative, chair e yin yoga) a metà agosto inizierò il corso di 300 ore.
Gli esami per ora sono finiti. Nel prossimo blogpost ti racconto del lavoro fatto dietro alla tagline, cioè quella frase che promuove il tuo lavoro. Sicuramente conoscerai Just do it, per dirne solo uno.
Per anni ho usato "Siamo noi la bacchetta magica" e lo credo ancora ma è tempo di cambiare.
Grazie per aver letto fino a qui. Mi piacerebbe sapere quali tempeste ti hanno fatto sentire inadeguata e non abbastanza e come ne sei uscita o come resti a galla.
Benedizioni
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