Qualche giorno fa ho incrociato questo articolo e dopo averlo letto e riletto mi sono detta che sarebbe stata la chiusura perfetta del tema dei modelli. Sì, perché a volte è facile strappare applausi attaccando i social e l'effetto che hanno sulle nostre vite ma questa lettura si basa su un errore di fondo e lo cavalca alla grande.
Attacchi di panico e depressione
Quando andavo all'università ho sofferto di attacchi di panico per qualche anno. Ho avuto l'ultimo attacco la mattina in cui sono andata a consegnare la copia stampata della tesi al docente. Sono rimasta lì con la tesi in mano e il cuore a mille incapace di muovermi. Ho anche vissuto sulla pelle una depressione reattiva mentre facevo tirocinio in un presidio psichiatrico. Avevo 21 anni e non è stata un'esperienza piacevole ma credo sia stata una delle più utili che ho vissuto.
Quando non dormivo di notte e di giorno non mangiavo, pensare positivo non mi avrebbe aiutata o guarita. Mi avrebbe fatto solo sentire inadeguata perché tutta questa gioia di essere al mondo, in un mondo dove c'erano situazioni e realtà così strazianti, io non riuscivo a sentirla.
Non me ne fregava niente delle piccole cose belle della vita perché il mio focus era solo su ciò che vedevo e sentivo in reparto. Mi sentivo investita della responsabilità di salvare gli utenti che, nella maggior parte dei casi, erano persone rinchiuse da un quarto di secolo e non fu facile scontrarsi con l'impotenza.
Psicologia positiva e tecniche complementari
In quegli anni, era il 1996 anche se mi fa impressione scriverlo, mi sono avvicinata al pensiero positivo, alla meditazione, ai fiori di Bach, la visualizzazione creativa terapeutica, il reiki e molte altre tecniche ma soprattutto ho scavato tanto, ma davvero tanto e ancora più giù per capire quale fosse l'origine vera del mio mal-di-essere. Sono stata fortunata perché avevo costruito una borsa degli attrezzi che mi ha permesso di fare un lavoro enorme e non si limitava al "Pensa positivo e vedrai che ti passa" perché da solo, in alcuni casi, davvero non basta.
L'ho scritto e detto mille volte che il pensiero positivo non basta ma io non ho la fortuna di scrivere su un giornale e dire la mia per dire la mia.
Se mi avessero detto che sarebbe bastato pensare positivo per far sparire la paura probabilmente avrei mandato a quel paese qualcuno perché no, i disturbi di ansia, attacchi di panico, depressione e patologie mentali (es. fenomeni di depersonalizzazione ecc.) non si trattano con la psicologia positiva e le tecniche energetiche.
La psicoterapia e talvolta i farmici sono un intervento più specifico e il top sarebbe poter lavorare in sinergia con chi opera anche a livello energetico ma c'è ancora molta strada da fare prima di deporre l'ascia di guerra. Se invece di farsi la guerra tra terapie allopatiche, psicoterapia da una parte e operatori olistici dall'altra si lavorasse davvero per il bene delle persone, probabilmente avremmo risultati diversi.
L'articolo che ho linkato su questo commette un errore: la psicologia positiva dovrebbe essere usata in fase preventiva e di mantenimento un po' come gli integratori, la dieta sana e l'omeopatia. Se hai un'infezione in fase acuta prendi un farmaco che faccia effetto subito e io, si sa, sono fan delle terapie complementari e naturali ma, quando serve la pasticca, serve e si prende.
Limiti legali
Dal punto di vista etico e legale coach, naturopati, counselor e pedagogisti olistici come me e figure assimilate NON POSSONO seguire da soli persone con disturbi mentali di questo tipo perché il nostro approccio non ha valore terapeutico in senso clinico. Non parlo di efficacia, quello è un altro discorso e andrebbe sviscerato in base al tipo di intervento delle singole professioni.
Un bravo insegnante di meditazione sa che a chi ha disturbi mentali non si possono far fare alcuni esercizi di visualizzazione perché sono potenzialmente molto pericolosi. Ma come, la meditazione a chi potrebbe fare male? Fa male a chi ha un certo tipo di disturbi mentali che portano la persona a perdere contatto con la realtà e a rifugiarsi altrove.
In molti paesi esteri ai clienti viene fatta compilare una scheda in cui si chiede espressamente se soffrono di disturbi mentali e se sono seguiti per questo. Non viene fatto solo per scaricarsi una responsabilità ma se si vuole seguire una persona è doveroso sapere chi abbiamo di fronte e cosa possiamo davvero fare per lei.
Le scuole di formazione
Ho visto spuntare scuole per coach, operatori olistichi e insegnanti di ogni tecnica in questi anni e tutte cavalcano l'onda del benessere. E' vero, la felicità è diventata il prodotto di corsi e servizi. La psicologia positiva e le varie tecniche di potenziamento e sviluppo personale sono così ostentate e forzate che spesso fanno sentire inadeguate le persone che non riescono ad arrivare ai propri obiettivi.
Non ti nascondo che a volte leggo delle assurdità e ormai non mi prendo manco più la briga di commentare.
Ci sono aspetti nella formazione che non possono e non dovrebbero essere trascurati. Sapere la differenza tra stress, ansia e depressione è importante anche per operatori che non lavorano come psicoterapeuti perché solo se si riconoscono alcuni segnali si può inviare il cliente a un professionista adeguato che, per quanto piaccia o meno, non siamo noi.
L'ideale, come dicevo prima, sarebbe lavorare in sinergia proprio per aiutare la persona a risolvere il malessere senza inutili allungamenti del brodo ma questo vale nel mio mondo ideale. Nella realtà molti professionisti fanno di tutto per fidelizzare il cliente con percorsi lunghi, costosi e talvolta poco efficaci.
Fake Positivity
L'ossessione per la positività condivisa con le frasette motivazionali fa crescere in fretta i profili, inutile nascondersi dietro un dito. Una frasetta motivazionale, l'oggetto della email che ti fa sentire un'imbecille se non la apri perché stai perdendo un'occasione e tutti questi trucchi sono parte della comunicazione che viene insegnata nelle scuole di formazione di cui sopra perché manipola e converte il cliente.
Siamo nel boom della crescita personale perché il malessere e il disagio generale purtroppo non sempre vengono risolti o trattati con le terapie classiche e si cerca altrove perché il disagio non è sempre patologico e fa parte del ciclo di vita. Tutti viviamo traumi, lutti, separazioni, delusioni e non siamo necessariamente patologici per questo.
Una frase dell'articolo dice:
L’idea che basti pensare positivo per far sì che le cose belle accadano, significa far ricadere la responsabilità delle esperienze e dei sentimenti negativi esclusivamente sulle scelte dell’individuo.
Queste tecniche non sono nate adesso ma sono state sminuite e ridotte a questo concetto. Sono solo diventate più fruibili grazie alla libertà di informazione che il web ha permesso. Non credo che l'aumento dei disturbi di stress, ansia e depressione sia causato solo dallo Stay positive o dalle good vibes e, da quanto vedo, non sono solo guru spirituali, motivatori, coach ecc. a cavalcare l'onda del mal-essere generale.
C'è chi propone corsi, master, ecc e chi invece fidelizza rendendo clinico ogni minimo disagio emotivo anche quando di patologico non ha nulla e questo si fa anche con i bambini.
Ci sono genitori sempre più in difficoltà nello svolgere il proprio ruolo, divorati dal lavoro e dallo stress e i figli crescono incastrati in un sistema scolastico disumano, in cui prevalgono i programmi invece delle persone. Non sono più esseri in formazione da educare ma diventano casi da curare.
Obiettivo felicità
Non credo che trasformare la felicità in obiettivo sia il male e non credo che i social siano il male. Lo strumento non è mai colpevole di come viene usato. E' difficile essere felici quando si parte da una situazione di malattia, mentale o fisica, ma esistono molti studi sugli effetti del potere della mente anche sul corpo e casi di guarigione pazzesche verificatesi usando la meditazione e la visualizzazione in cui il pensiero positivo non era l'unica terapia, ma era il punto d'inizio e questo fa tutta la differenza. Solo che non piace che si sappia, così come non piace alle religioni che si inizi a fare domande.
Già! Perché se c'è qualcuno che vuole vendere la felicità con app per il pensiero positivo e la meditazione, c'è anche chi nega che la mente abbia una funzione rilevante nel processo di guarigione.
L'effetto placebo, ne scriverò meglio con dati e ricerche, è deriso invece che essere visto, come accade in altri paesi, come meccanismo e possibilità di stimolare le risorse di autoguarigione del corpo. Questo non fa bene a chi di lavoro vende la salute che passa per le terapie convenzionali.
Alla base di entrambi gli approcci c'è un meccanismo di fidelizzazione/dipendenza che è pericoloso, poco etico e per nulla trasparente. E i social, se osservati bene, non fanno altro che evidenziare le distorsioni dei modelli di riferimento, lo sconfinamento tra le professioni perché noi umani siamo esseri multidimensionali e far credere che si possa curare una cosa senza interessarsi del resto significa nutrire ancora un'illusione che fa comodo solo a certi sistemi.
Non so cosa pensi in merito ma spero che questa riflessione susciti anche solo una domanda in te che ti aiuti a uscire dalla scatola. Questo post è lunghissimo, grazie per essere arrivata fino a qui. A proposito di scatole e di modelli voglio raccontarti del libretto che ho letto nel fine settimana. Richiede un paio d'ore per essere letto e credo sia un buon modo per chiudere con il tema dei modelli.
Photo by Kirill Balobanov on Unsplash
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