Se tutti meritano di essere felici perché è così difficile riuscirci? Nell'ultimo articolo abbiamo parlato del diritto alla felicità mentre oggi voglio parlarti di un aspetto ancora più specifico ossia la sensazione di non meritare un obiettivo preciso.
"Non riesco a guarire perché è il mio karma"
Vorrei chiederti di riflettere su questa frase senza accompagnarti per non interferire, ma dato che credo sia esemplificativa di quanto la mente lavori spesso contro di noi, non mi sottrarrò.
Penso alle persone che vivono una condizione di disagio fisico (anche con patologie croniche) e usino la scusa del karma per non occuparsi di sé, avere uno stile di vita migliore e, in alcuni casi, guarire. Non sto a fare tutta la pappardella di cosa siano i sintomi nella medicina complementare perché credo che ormai sia ovvio che un sintomo fisico diventa tale solo dopo aver preso forma su altri piani come quello mentale (un pensiero) che si aggancia e allinea a un'emozione (es. paura, preoccupazione) fino a diventare densa e prendere forma sul piano fisico ossia nel corpo.
Cadute e ricadute
In ambito olistico qualche anno fa si era diffusa la pratica di consigliare l'interruzione delle terapie tradizionali in funzione di quelle naturali, vibrazionali, complementari (è illegale!) Di qui l'errore di chiamarle alternative.
Cosa succede quando si interrompono le terapie, se non si è messo in atto un processo di guarigione profonda (cioè sugli altri piani), lo sappiamo perfettamente.
Sorvolo sulle implicazioni e complicanze fisiche e cliniche perché non sono di mia pertinenza ma voglio spendere una parola su cosa succede a livello emotivo. Per alcune patologie ci sono vari tentativi e percorsi prima di trovare quello giusto e davvero efficace, non solo per le questioni mediche ma anche motivazionali, spirituali ecc. e quando si ha una ricaduta l'autostima accusa un colpo tremendo perché è l'ennesima sconfitta, un nuovo tentativo fallito con cui fare i conti.
Inizia a insinuarsi la credenza limitante di essere condannati a quella vita, di non aver possibilità di guarigione/cambiamento e di meritarsi la malattia (o un fallimento) per chissà quale colpa.
Ti sei accorta che...
Quando si parla di meriti è più facile sentir dire "Non me lo merito" rispetto a ciò che consideriamo ingiusto invece di sentir parlare di ciò che vogliamo, desideriamo e sentiamo profondamente di meritare?
Questo modo di pensare ci rende passive e ci fa stare nella posizione di chi subisce la vita invece di sceglierla, determinarla e manifestarla un passo dopo l'altro.
In questo post su Instagram ti faccio vedere il mio strambo promemoria, che ho trasferito da un portafoglio all'altro, per ricordarmi cosa significa scegliere di stare bene, sganciarsi dalle etichette delle malattia di famiglia (c'è un bonus nel corso sul karma familiare) e superare quella che sembrava una sentenza a vita più che la diagnosi di un primario.
Cosa senti di meritare e cosa no?
Se hai avuto modo di comprare un'auto, una casa o un vestito per un evento importante ti sarai accorta che il primo parametro che definisci spesso è il prezzo ossia il valore dell'oggetto.
Non sempre siamo consapevoli delle altre variabili in gioco come la possibilità e disponibilità effettiva di fare un acquisto, ma anche la sensazione di valere abbastanza e di meritare di possedere quell'oggetto.
Riusciamo a definire meglio il valore di ciò che ci sta attorno ma fatichiamo a vedere e riconoscere il nostro.
Facciamo un esempio. Vedi un vestito firmato, hai la possibilità di acquistarlo ma quanto ti immagini in quel vestito senti salire un certo disagio e ti dici "Per me è troppo" che è un altro modo per dire "Non valgo abbastanza per meritare un abito così".
Poi si passa alla scusa che non avremo occasioni così importanti in cui metterlo. Pensi che la tua autostima ne tragga giovamento?
Esercizio facile e veloce
Prendi carta e penna.
- Scrivi tre oggetti/situazioni/progetti che senti di meritare e altri tre a cui hai rinuniciato perché erano troppo per te e sentivi di non meritarle.
- Ora sii onesta e obiettiva e di fianco a queste 6 cose scrivi qual è stata l'emozione che ti ha spinta a continuare o ti ha fatto desistere.
- Quale convinzione limitante o motivante c'è dietro quella vittoria o sconfitta?
- Ci sono state persone che ti hanno supportata o demotivata rispetto a ciò che hai fatto o avresti voluto fare?
Bene. L'esercizio è finito e se trovi nomi ricorrenti tra i motivatori o i dissuasori sai con chi parlare dei tuoi progetti e chi invece è bene evitare come la peste.
Fammi sapere nei commenti com'è andato l'esercizio. Sì, ho detto una piccola bugia, perché se fai bene l'esercizio ti accorgi che non è per niente facile.
Lascia un commento