La scorsa settimana ho avuto il piacere di chiacchierare con alcune di voi. E' stato divertente, almeno per me, bersi una tisana insieme anche se eravamo sparse per l'Italia e non solo. Mi dispiace per chi era in coda dato che qualcuno non si è presentato e c'erano posti liberi. Ho voluto puntare all'intimità del gruppo riservato, ma mi sto chiedendo se sia stata una scelta efficace. Vi invito a registrarvi alla newsletter e a controllare la casella di posta a fine mese perchè solo lì troverete indicazioni sui webinar e sui cerchi di meditazione. A parte questo risvolto pratico, dopo i webinar direi che siamo pronti per riprendere un discorso che avevo lasciato a metà. Quando riconosciamo il nostro dono extrasensoriale attraversiamo alcune fasi. Il momento dell'accettazione secondo me è il più dolce.
Ci si arrende al fatto di essere anche così.
Non siamo solo alti o bassi, castani o biondi, spiritosi o riflessivi ma siano anche empatici o canalizzatori o intuitivi. Si può cambiare questo aspetto? Sì, basta ignorarlo che è un po' come farsi la tinta di un altro colore e spacciarsi per bionda naturale o mettersi un paio di scarpe tacco 12 per avere la sensazione di essere più alte. Però attenzione! Il rischio di slogarsi una caviglia c'è. E c'è pure con i doni extrasensoriali. Se ho una dote creativa o percettiva e non la uso posso stare tranquilla per anni. Corro il rischio che quella parte scalci e protesti per essere espressa, accettata, accolta e integrata causando qualche somatizzazione. Posso stare anni senza canalizzare, ma forse la percezione è solo più lieve o passa in altre forme.
Accettare il dono significa riconoscere a se stessi, più che al mondo, che abbiamo una sensibilità e una sensitività che è precisa e ha un bel potenziale. Si può vivere benissimo da babbani, ma la mia esperienza è che la vita, quando meno te lo aspetti, ti mette di fronte al tuo dono come un muro che spunta in mezzo alla strada e l'impatto non è sempre facile da ammortizzare. Per alcuni avere un dono è motivo di vanto. Per altri è fonte di paura e inadeguatezza, ma scappare, da una parte o dall'altra, non aiuta.
Accettare significa fare un respiro profondo, abbozzare un sorriso e smettere di lottare. Perchè siamo così e comprenderlo è il primo passo per aprirsi al cambiamento di ciò che vogliamo sentire o di come vogliamo vivere.
Fatto questo passo possiamo sentirci, per periodo più o meno lunghi, onnipotenti. Con tutti i rischi che questo comporta.
Ti ho trovata per caso e non riuscivo a smettere di leggerti (…anche se ho un milione di cose da fare). E mentre leggevo questo post sull’accettazione mi sono accorta che stavo piangendo e che mi è venuto un groppo in gola. E che dovevo parlartene. Non ne ho mai parlato ma la sensazione era sempre lì e l’hai scritta tu per me.
emilia
Emilia queste sono lacrime belle! 🙂 Almeno spero. Accettare i nostri doni e la nostra sensibilità ci aiuta a consolidare il nostro centro. Unire, non dividere. Ne ho parlato anche oggi sul blog per presentare la casa nuova. 🙂
Bene, ora sei consapevole di non essere folle. Il mondo ti aspetta. 😉
Silvia ogni tanto torno a leggere i post vecchi e questa mattina mi sono capitate le varie della percezione extrasensoriale, un tema affascinante e bellissimo. Anche io vorrei scoprire il mio dono ma purtroppo sono sempre tesa e ansiosa…la mia energia é sempre down e non riesco a rilassarmi se non per pochi minuti e dopo tanti esercizi di respirazione. Però non smetto di cercare.
Ciao Daniela! Non cercare. Non disperdere energia in questo senso. Hai presente quando cerchi affannosamente una cosa e non la trovi poi ti metti a fare altro e te la trovi davanti agli occhi? Quando sarai pronta e rilassata vedrai che ti accorgerai senza sforzo di qual è la tua sensitività. 😉
Buona giornata