Lo sport più in voga del momento è giudicare. Guardatevi attorno, leggete, ascoltate le persone e vi renderete conto che emettono continuamente giudizi. Avete presente i commenti sui social?
C'è una differenza sostanziale tra esprimere un'opinione e giudicare noi stessi e il prossimo.
Nel primo caso affermiamo di avere un punto di vista diverso, mentre nel secondo non solo esprimiamo un parere differente, ma siano anche convinti di essere nella posizione giusta e, di conseguenza, l'altro è in errore.
Il giudizio però è emesso in base a ciò che a livello mentale cataloghiamo come giusto o sbagliato, buono o cattivo, bianco o nero, onesto o disonesto, leale o scorretto e così via.
La nostra percezione è limitata solo agli elementi che abbiamo a disposizione. Ma è possibile astenersi dal giudizio? Possiamo riuscire a esprimere un'opinione senza indossare la tonaca da giudice? Vi racconto un aneddoto di quando canalizzavo.
Un giorno iniziai a preparare il mio spazio. Purificai la mia pietra, alleata compagna di viaggio, accesi un incenso, sistemai un cuscino dietro la schiena per stare più comoda, feci un paio di respiri profondi e chiusi gli occhi. All'epoca adoravo fare le sedute non per chiedere cosa succedeva qui, ma per capire come sono organizzati su altri piani. Non avevo ancora scoperto la legge di attrazione quindi tutto poteva essere attribuito al karma, al Divino, al caso o a una lezione superiore che doveva essere appresa.
Eppure confesso che nonostante tutto ciò, continuavo a vedere alcune situazioni come semplici ingiustizie. C'erano domande a cui potevo rispondere a livello teorico, ma non avrebbero portato consolazione al dolore.
Un giorno chiesi alla mia guida come potevano reggere tutto questo male e lei mi fece un esempio aiutandomi a capire che dove io vedevo ingiustizia c'era sempre un principio di equilibrio che veniva rispettato. Solo che la prospettiva che io avevo era del piano fisico quindi limitata. Negli incontri successivi mi resi conto che la mia prospettiva era cambiata: quando durante le sedute si presentavano situazioni complesse, era come se venissi spostata su un livello più alto da cui potevo vedere l'intero disegno divino e non i pochi pezzi che avevo tra le mani. Grazie a questo spostamento decodificavo meglio il messaggio che stavo ricevendo.
L'esperienza era pazzesca perchè uscire dall'ego, dalle dinamiche dei ruoli o dal piano mentale, dalle emozioni come rabbia e dolore regalava una visione sacra della vita.
Vi è mai capitato di parlare con un'amica che ha litigato con il marito e vi schieravate dalla sua parte poi avete modo di sentire anche la versione del marito e vi accorgete che tutto assume un significato più completo e la ragione si sposta come l'ago di una bilancia? Succede perchè noi riferiamo non i fatti o le parole, ma la percezione che abbiamo di quel frammento di realtà attribuendogli intenti e significati che, in verità, non sono del nostro interlocutore quanto una nostra lettura (o decodifica) di ciò che sta succedendo.
Provate a immaginare se oltre a vedere i due tasselli del puzzle moglie-marito aveste la possibilità di attingere anche al perchè sono arrivati a quella discussione, a quali sono i precedenti in questa o nella precedente vita (per chi ci crede) e alle implicazioni che queste liti hanno sulle scelte della famiglia, sulla casa, ecc. Immaginate che il filo energetico che si è costruito negli anni tra queste due persone faccia parte di un disegno molto più ampio e, spostandovi verso l'alto, avete la possibilità di vedere tutti i fili che si intrecciano, annodano, allungano, spezzano creando una trama energetica fatta di equilibrio e evoluzione. Ogni filo è collegato a un pezzo del puzzle, quindi capire il senso di tutto dovrebbe essere molto più facile, ma non lo è perchè giudichiamo dal nostro piano e non vediamo tutto il resto. Ci troviamo con in mano una matassa di fili senza sapere che ogni filo energetico ci regala un pezzo di comprensione che porta inevitabilmente alla compassione e all'astensione dal giudizio. Possiamo scegliere di sbrogliare la matassa e troviamo il filo di Arianna delle nostre vite oppure usare questi fili per lavorare a maglia e ingarbugliare ancora di più ogni cosa.
Questo credo sia stato uno dei regali più importanti e preziosi che il channeling mi ha insegnato.
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Ogni volta che ti leggo mi sento rassicurata nel percorso che faticosamente sto seguendo. Per me la sospensione del giudizio è stata, ed è ancora, un pezzo fondamentale per trovare la serenità familiare. L’idea di spostarsi verso l’alto per vedere il quadro nella sua vastità sembra quasi banale ma è così difficile a volte.
Credo che le visualizzazioni mi aiuteranno anche su questo fronte, sono momenti davvero speciali.
Buongiorno Marzia! E’ vero, è una delle cose più difficili da fare ma a me aiuta molto pensare che in quel momento conosco solo un minuscolo frammento della realtà dell’altra persona e soprattutto che esiste il libero arbitrio. Le persone con cui siamo più severi, siamo proprio noi stessi. Ci giudichiamo sempre: ho fatto bene, male, mi sono piaciuto, non avrei dovuto dire questo, non sono all’altezza, non sono abbastanza, non sono paziente, ecc. Se togliamo il giudizio tutto cambia perchè è SOLO esperienza quindi c’è sempre qualcosa da imparare.
Le visualizzazioni aiutano a rallentare ma sto lavorando a un programma più esteso (ma non troppo) e completo. 😉
Ci vuole anche tanta lucidità per vedere tutti i fili fino ad arrivare a quello di Arianna. E a volte è così difficile uscire fuori dal gioco e valutare tutto come se fossi uno spettatore. Potrebbe essere facile se riguarda altri ma quando sei li a sbrigliare la tua matassa, proprio come dici tu, siamo al cospetto dei più grandi giudici, noi stessi
Buongiorno AntonellaVì, ciò che dici è vero nella misura in cui siamo invischiati nei nostri pensieri e ruoli. Per questo la visualizzazione e meditazione aiutano a fermare la mente e a farci comprendere che possiamo vivere l’esperienza senza necessariamente giudicare ogni cosa. Prendere distanza non significa non vivere le emozioni, ma viverle senza giudicarle costantemente. Se riusciamo ad essere più tolleranti con noi stessi e viviamo il presente, diventiamo più aperti anche verso gli altri e questo porta armonia.
Mi è piaciuto molto il tuo post, hai ragione, bisognerebbe sempre vedere tutte gli aspetti di un problema e astenersi dal giudicare. ma provare compassione sempre!
Ciao Marilu, credo che la compassione sia possibile solo quando andiamo incontro a noi stessi. No?
… o incontro agli altri?
Siamo tutti collegati. 😉
ho sempre considerato il termine ‘compassione’ con un’accezione negativa. mi hai regalato la possibilità di riscattarMi!!
grazie
Compassione è stato usato per anni come sinonimo di ‘avere o suscitare pietà’. Com-passione significa soffrire insieme, richiama all’empatia, all’unione, all’amore. 😉 Non è positiva o negativa è una parola e assume il valore che noi le attribuiamo in base all’uso che ne facciamo.
Grazie a te
Felice we